(di Alessia Cerantola per Nordesteuropa) Dopo essere stato per due anni capo economista della Deutsche Bank a Francoforte e responsabile dell’ufficio studi dello stesso istituto tedesco, lo scorso 13 aprile Thomas Mayer ha lasciato il gruppo per occuparsi come economista indipendente di consulenze esterne nel settore. Le sue proposte per limitare i danni della crisi sull’Eurogruppo sonostate al centro di dibattiti negli ultimi mesi. Ospite a novembre del Salone Europeo della Cultura-Venezia 2019, Mayer parla dei problemi dell’Eurozona e delle riforme attuate in Italia sotto il governo tecnico. Il tema della fine dell’euro è stato al centro delle preoccupazioni dell’Unione. Crede che sia ancora una possibilità reale e concreta nel caso di un rifiuto della richiesta d’aiuto da parte della Spagna? «No. Come ha detto il presidente della BCE Mario Draghi l’euro è irrevocabile. Tuttavia c’è da chiedersi un’altra cosa, se il carattere dell’Unione economica monetaria (EUM) e la sua adesione cambieranno. Il rischio è che l’euro diventi una moneta debole, e che l’EUM perda i suoi membri più deboli e più forti. Anche se è probabile che la Grecia presto riceva altri soldi, un’eventuale uscita del Paese dall’EMU rimane un’evidente possibilità. Inoltre, il fatto che la BCE porti avanti la sua politica monetaria per i paesi più deboli fa crescere l’inflazione in Germania. Questo potrebbe portare nei prossimi anni a discutere sull’adesione della stessa Germania all’EUM». Dopo lo sforzo fatto dalla BCE per stabilizzare il mercato nel breve termine, che cosa resta da fare in Europa in una prospettiva a lungo termine? «Idealmente la BCE dovrebbe tornare a perseguire l’obiettivo della stabilizzazione dei prezzi e del rafforzamento dell’euro. In realtà la BCE continuerà a trovarsi nella situazione di dover dare aiuto a governi e banche che hanno problemi finanziari e di sostenere crescita indebolendo il tasso di cambio dell’euro». Fai clic qui per effettuare modifiche.Ci può spiegare la sua opinione sull’unione bancaria europea proposta dalla Commissione europea? Pensa che questa nuova unione debba relazionarsi con Paesi che sono fuori dalla zona euro ma che hanno forti legami con il blocco europeo?
«Per far funzionare la moneta unica abbiamo bisogno di un’unione bancaria. Ma vedo due problemi: il primo è che la BCE non è in grado di ricoprire il ruolo di unico supervisore centrale perché non ha la legittimità democratica per prendere decisioni di seria portata fiscale nel settore bancario, e non può regolamentare i Paesi non appartenenti all’unione monetaria. Secondo, non possiamo arrivare alla ristrutturazione del fondo bancario del meccanismo europeo di stabilità (MES) a causa di problemi affrontati nel passato. Per questo abbiamo bisogno di un nuovo disegno per l’unione bancaria, in cui la supervisione centrale sia condivisa dalla BCE, come consulente, e dall’autorità bancaria europea, come braccio esecutivo. C’è bisogno che le banche che hanno passato il test sulla propria salute finanziaria fatto dai supervisori diano il via a una ristrutturazione, una risoluzione e adottino uno schema di deposito assicurativo». La Commissione europea sta sostenendo l’idea di una Tobin tax per l’Europa. Come pensa che funzionerà, considerata anche l’esperienza della Svezia nell’uso di questo tipo di tasse? «La tassa sulle transazioni finanziarie probabilmente deluderà i suoi detrattori. Le transazioni finanziarie diventeranno offshore e il gettito fiscale sarà minimo». Riguardo all’Italia: durante la visita ufficiale negli Stati Uniti il primo ministro Mario Monti ha detto che l’opinione sull’Italia è molto positiva. Ma una parte dei politici americani hanno espresso la loro preoccupazione sull’Italia, come è successo durante la campagna di Mitt Romney. Come commenterebbe le sue affermazioni? «Gli Stati Uniti stanno ricostruendo la propria industria, aiutati da mercati del lavoro flessibili ed energia domestica a basso costo. A parte la Germania e pochi piccoli Paesi, la maggior parte di quelli della zona euro non hanno la flessibilità necessaria per un simile aggiustamento economico e noi pagheremo di più per l’energia. Quindi mi aspetto che l’Europa retroceda molto non solo rispetto alle economie dei mercati emergenti ma anche agli Stati Uniti». Si ritiene che il manifatturiero sia un settore chiave per la rinascita dell’economia italiana. Nella sua opinione, che cosa ritiene necessario per farlo ripartire? «Un’esaustiva deregolamentazione del mercato del lavoro e dei prodotti. In questo modo si abbasserebbero i costi di produzione tagliando la burocrazia non necessaria. Il risultato sarebbe un aumento della competitività, una crescita della produzione e una maggiore occupazione». Considerando i settori d’investimento trainanti in Italia, come la moda, il tessile o il settore meccanico, quanto rimane forte la loro attrattività a livello mondiale oggi? «Mi dispiace che l’Italia sia “bloccata nel mezzo”, per usare una famosa citazione da un guru della gestione come Michael Porter. Questo significa che non spicca né per il basso costo né per l’alta tecnologia o la qualità. Per uscire da questa posizione scomoda c’è bisogno che gli affari dell’Italia sino leader per tecnologia e qualità nei propri segmenti di produzione». Il sistema creditizio è al centro della discussione politica in Italia. Pensa che le misure prese finora stiano contribuendo alla stabilità e al finanziamento delle banche italiane? «Le banche italiane non hanno mai sofferto né di un’eccessiva esposizione ai documenti d’ipoteca statunitensi né a bolle immobiliari domestiche. Il loro problema è, prima di tutto, di aver fatto prestiti a un governo molto indebitato. Una minore esposizione al debito del governo e finanze governative più solide andrebbero largamente a rafforzare la pozione e la capacità di prestito delle banche italiane». Tra i principali obiettivi delle riforme in Italia ci sono la burocrazia, l’evasione fiscale, la corruzione e le infrastrutture. Quali sono le misure più efficaci prese dal Primo ministro Monti in questi settori e quale dovrebbe essere il punto centrale del governo nei mesi che ha di fronte? «Mi congratulo con il primo ministro Monti per la riforma sulle pensioni. Sfortunatamente non posso fare altrettanto per la riforma sul mercato del lavoro. C’è bisogno di fare molto di più per rendere il mercato del lavoro più flessibile. La nuova formulazione dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori italiano è ancora alquanto oscura e c’è ancora molto spazio per far ricorso alla giustizia per evitare i licenziamenti. Ma senza la possibilità di licenziare le persone, le aziende non assumeranno. Allo stesso modo la riforma di questo articolo mette delle restrizioni sui contratti di lavoro a tempo determinato, con la conseguenza che l’effetto netto della riforma potrebbe addirittura avere un impatto negativo per l’occupazione». Che cosa si augura che accada in Italia dopo la fine del governo tecnico di Monti? L’Italia ha bisogno di un’agenda 2020, sulle linee dell’agenda 2010 della Germania, lanciata dal governo Schroeder. Il mio desiderio è che il nuovo governo italiano abbracci riforme in tema di sicurezza sociale, e del sistema fiscale e normativo ispirandosi a quelle del governo guidato da Gerhard Schroeder.
0 Comments
Your comment will be posted after it is approved.
Leave a Reply. |
Archives
August 2023
|